Qualche settimana prima dell’inizio della Pandemia, esattamente il 15 e il 16 febbraio 2020, decisi di cercare un posto ricco di storia, in mezzo alla natura e, se possibile, non affollatissimo. Leggere “Borgo Fantasma” sulle varie guide solleticò immediatamente la curiosità, inoltre, vedere un posto simile (e vicino) alla famosissima Civita di Bagnoreggio (…la Città che muore) , mi indusse a pensare che il desiderio di “non folla” si potesse esaudire.

E poi Borgo Celleno è “dietro” le montagne che vedo in lontananza dal terrazzo di casa, perché non andarci?

Avessi saputo che da li a breve la “non folla” sarebbe diventata la regola, forse, avrei scelto un posto pieno di discoteche.

Parlando del Borgo: alla fine del breve racconto, potrete vedere in un video la particolarità del posto.

Celleno: Il paese “vecchio”

Celleno, le cui origini sono datate fra il IV e il III sec a.C., come insediamento Etrusco, è spesso stato sconvolto da terremoti e frane. E’ del 1457 la prima testimonianza scritta di un terremoto (tant’è che si vietano nuovi scavi lungo le rupi), poi nel 1593, 1695, fino a quello degli anni ’30.

Ovviamente la peste subita da queste zone durante il Medio Evo non lo ha risparmiato, e una gran parte di guerre fra Guelfi e Ghibellini. Anche durante la Seconda Guerra Mondiale le case furono danneggiate da cannonate, mitragliate e bombe a mano.

Negli anni ’50 il vecchi Borgo fu definitivamente abbandonato, a causa di un dissesto idrogeologico importante, e la nuova Celleno è sorta poco distante.

Castello Orsini

Abitazione dei vari feudatari (Gatti ed Orsini), quindi delle autorità Pontificie, più recentemente dell’amministrazione comunale che lo ha utilizzatoper gli uffici dell’amministrazione, fino a quando non furono costruiti gli edifici nel nuovo abitato.

Castello Orsini

Nel 1973 Enrico Castellani acquista e restaura il Castello, utilizzandolo come casa e “atelier”. Castellani, nato a Castelmassa (RO) è considerato una delle maggiori figure dell’arte europea della seconda metà del Novecento. Dopo un soggiorno di studio in Belgio (si laurea alla École Nationale Superieure) torna in Italia, a Milano, forma un sodalizio artistico con Piero Manzoni. Insieme fondano la rivista Azimuth (solo due numeri fra il 1959 e il 1960) e aprono a Milano la Galleria Azimut.

Da quello che mi hanno raccontato i volontari che curano le Mostre nella ex Cappella di San Carlo e locali sottostanti, le sue ceneri riposano nel Castello.

Gli stessi volontari mi hanno indicato dei segni, su un muro di una antica casa crollata, che un gruppo di studiosi del paranormale ha indicato come “segni fatti dai fantasmi”… affermando subito dopo: “mah, i Fantasmi però non li hanno visti neanche loro”.

Enrico Castellani non è stato l’unico a sentire il fascino del Borgo.

Un gruppo di famiglie provenienti dal bresciano, nei primi anni ’80, lo scoprirono e decisero d’insediarsi nel limitrofo (500 metri) ex Convento di San Giovanni Battista, restaurandolo e rivitalizzandolo. Oggi il Convento è gestito da queste famiglie “unite in un’esperienza comunitaria, fondata su valori umanitari e vissuta nella condivisione: obiettivi, speranze, esperienze, denaro, gioie, dolori, la vita”. Il Convento è assolutamente importante dal punto di vista artistico con il chiostro affrescato e la cappella con l’abside romanica.

PS il Convento era chiuso, per cui mi fido delle informazioni che ho trovato su guide e web.

Qualche giorno dopo

Celleno (nuova) è stata una delle prime Zone Rosse “comunali” quando una RSA ha avuto un focolaio di 40 casi su una popolazione di circa 1300 abitanti.

Su un giornale locale si legge(va) delle lezioni in “DaD” sulle Ciliegie (Celleno è “Il Paese delle Ciliegie”) di un Professore della vicina Università di Viterbo, Facoltà di Agraria, dal giardino della sua casa di Celleno.

La domanda

Peste, terremoti, dissesto idrogeologico, pure le Guerre. Non è stata una vita facile quella degli abitanti della vecchia Celleno. Eppure solo negli anni ’50, probabilmente quando la situazione è diventata insostenibile, gli abitanti si sono spostati poco più in là, a circa un chilometro (da qualche cronaca del tempo: alcuni anche forzosamente).

La domanda è “perché”? Capisco il Medio Evo, capisco fino al 1800, ma poi? I terremoti continuano e i problemi si amplificano.

Ho visto la gente de L’Aquila tornare nelle case dopo il terremoto “perché il territorio va aiutato”, “per dare ai padri quello che hanno dato a me da giovane”, “perchè qualcuno deve rimanere a far vivere la Città”, etc.

Tagliamo corto: non credo che la risposta sia “resilienza”, la parola si riferisce alla capacità di un materiale di sopportare gli urti. Il PVC è l’ideale. Gli urti di terremoti e peste, avrebbero fatto spezzare anche il PVC.

Il territorio è molto accogliente con la sua Natura, le Opere d’Arte e le sue Tradizioni. Il territorio è probabilmente l’unica cosa che veramente ci appartiene. A patto che non diventi una prigione.

Video: Le Storie del Borgo Fantasma

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