Nel Luglio 1555 con la Bolla Cum nimis absurdum, Papa Polo IV (Gian Pietro Carafa) impose agli ebrei, oltre ad altro: l’obbligo di portare un distintivo per farsi riconoscere, li escluse dal possesso di beni immobili e vietò ai medici ebrei di curare cristiani. La bolla sancì inoltre la costruzione di appositi ghetti entro i quali gli ebrei avrebbero dovuto vivere e portò quindi alla istituzione del Ghetto Ebraico di Roma.
Anche se sette anni dopo papa Pio IV (avversario della famiglia Carafa), con la bolla Dudum a felicis del 27 febbraio 1562 ammorbidiva gli articoli più vessatori della bolla di Paolo IV, in particolare per quanto riguarda le limitazioni all’attività economica, il possesso di beni immobili anche fuori dai ghetti e assolveva chi non avesse rispettato le norme della Cum nimis absurdum, tale bolla costituì un precedente nella legislazione papale e i suoi effetti si sentirono fino alla presa di Roma nel settembre 1870.
Il Silenzio della Follia
Un recinto per delle abitazioni che contenevano anche una famiglia per stanza. Due “porte” per entrare nel Serraglio degli Ebrei”. La zona che i romani oggi indicano come “ghetto” è all’incirca delimitata da Via Arenula, Via dei Falegnami, Via de’ Funari, Via della Tribuna di Campitelli, Via del Portico d’Ottavia e Lungotevere de’ Cenci. Il ghetto storico era, invece, molto più ristretto e situato, pressappoco, tra le attuali via del Portico d’Ottavia, piazza delle Cinque Scole ed il Tevere. Più di 10.000 abitanti.
Nel 1572 papa Gregorio XIII, al secolo Ugo Boncompagni, impose agli ebrei romani l’obbligo di assistere settimanalmente, nel giorno di sabato, a prediche che avevano il fine di convertirli alla religione cattolica. Queste “prediche coatte” si tennero, nel corso dei secoli, con risultati invero assai modesti, in sedi diverse, tra le quali: Sant’Angelo in Pescheria, San Gregorio al Ponte Quattro Capi (ora San Gregorio della Divina Pietà) e nel Tempietto del Carmelo. Secondo quanto afferma un’antica tradizione, gli ebrei si preparavano all’ascolto tappandosi le orecchie con la cera. L’obbligo fu revocato solamente nel 1848 da Pio IX.
Il Mercato del Pesce
Il brodo di pesce, specialità culinaria oggi di nuovo in voga e considerata anzi una prelibatezza, nasce dalla prossimità del ghetto romano, accanto al Portico di Ottavia, attorno al Teatro di Marcello che, durante il Medioevo, divenne il mercato del pesce di Roma: la vicinanza del Tevere e del porto fluviale di Ripa Grande garantivano un comodo approdo alle barche provenienti da Ostia, pronte a riversare sul mercato il pesce migliore. Tutti gli scarti venivano accatastati nei pressi della chiesa di Sant’Angelo in Pescheria, chiesa che diede anche il nome allo stesso rione, il Rione Sant’Angelo. Tutte le donne ebree (la maggior parte della popolazione era assai povera) andavano a raccogliere gli scarti del mercato: teste, lische e pesci, o parti di pesce, meno nobili. L’unico modo di utilizzare gli scarti era cucinarli con l’acqua. Nacque così uno dei piatti della Roma popolare ed in particolare del ghetto: il brodo di pesce, allora una ricetta semplice e povera ed ora uno dei piatti più richiesti nei ristoranti della zona.
Ma la tradizione culinaria non cancella il Silenzio della Follia, una sensazione che ti prende dentro quando si – semplicemente – si passeggia in quella parte del centro di Roma.
E non solo per quanto vi abbiamo raccontato, ma anche per quanto successo dopo.
In questo video di 6 minuti potrete vedere, insieme a delle opere d’arte presenti all’ex Ghetto, alcune delle conseguenze ancora visibili di quanto accaduto nella seconda metà del 1500 e “dopo”: il “nuovo” Silenzio della Follia che ha avuto l’inizio del suo culmine il 16 ottobre 1943 e il Silenzio della Follia che ha coinvolto un bambino di due anni il 9 ottobre 1982.
Così come per i Musei Capitolini ( vedi “Si Vis Pacem Para Bellum ) ringraziamo l’Archeologa Emilia Mastrodonato (http://www.gea-archeologia.it/ ) per la sua “lezione di storia”.